ベルサイユのばら
Versailles no bara Versailles no Bara ----------------------------------------------

a cura di Rita

 

È l’alba di un nuovo anno, di un nuovo decennio e, con l’entusiasmo speranzoso tipico di chi comincia una nuova fase di vita, mi accingo colma di buoni propositi a partire per Parigi. In effetti, sin dall’inizio si palesa chiaramente il motivo del mio viaggio quando, nell’edicola della stazione di Nizza, scorgo e acquisto un intero numero di Secrets d’Histoire dedicato a “Les femmes de la Révolution” con un classico ritratto di Maria Antonietta che campeggia in copertina. Mi ripropongo di leggerlo durante le sei ore che mi separano dalla capitale ma, per il momento, ne ho guardato solo le immagini (alla faccia dei buoni propositi per il nuovo anno già, miseramente, disattesi) perché è troppa l’emozione di rivedere, finalmente, la mia Parigi! Parigi è un po’come una mia “seconda casa”. Centinaia di volte ho attraversato le sue strade ed ho alzato gli occhi sulle belle facciate dei palazzi o abbassato lo sguardo a contemplare lo scorrere silenzioso della Senna durante i mesi trascorsi all’Università Paris VII durante l’Erasmus. Centinaia di volte ho visitato i suoi musei, ho “fatto incursioni” sui luoghi di “culto” di Maria Antonietta alla ricerca spasmodica di qualche “reliquia”, di qualsiasi tipo di testimonianza che mi riportasse a lei… ma è dal 2008 che non vi metto più piede. Eppure, i suoi cieli tormentati, l’atmosfera e l’aria che si respirano sono ancora capaci di emozionarmi profondamente e di farmi sentire davvero viva! Conosco Parigi meglio della città in cui vivo, cammino per le sue strade come se ogni angolo, ogni marciapiede mi appartenessero intimamente, ma il mio passo è più brioso, quasi fosse consapevole di essere lì dove sento di appartenere. Centinaia di volte ho visto la Conciergerie, ma questa volta è diverso. Mi trovo ritta davanti all’ingresso, “faccia a faccia” col manifesto che annuncia l’exposition “Marie Antoinette: métamorphoses d’une image”, e, superati i controlli di sicurezza, non appena metto piede in quella che, solitamente, è un’immensa sala vuota e noiosa un tempo dedicata ad accogliere i soldati di guardia, ecco la prima “metamorfosi”, giacché l’ampio spazio vuoto è stata trasformato nel luogo dedicato alla mostra, con una bellissima prospettiva su una riproduzione del ritratto di “Maria Antonietta con la rosa” che- enorme- si impone dal fondo della sala. Per le prossime TRE ore saremo immersi nella mostra, ma con le proteine delle uova e delle salsicce della colazione in pancia non temiamo nulla e non sentiremo nemmeno la stanchezza né ci renderemo conto del passare del tempo… ed allora, cominciamo!

Marie-Antoinette, métamorphoses d'une image

Per chi poco conosce di Maria Antonietta - e anche per chi ne sa a pacchi - lo scopo della mostra, a prima vista, può essere di difficile decodificazione.
L’esposizione comincia con la
ricostruzione delle ultime settimane di vita di Maria Antonietta alla Conciergerie. I quadri di quello che è divenuto il suo ritrattista ufficiale al Temple prima e poi alla Conciergerie, il polacco Alexandre Kucharski, restituiscono un’immagine sempre uguale, un po’ monotona della vedova Capeto in lutto, con i capelli bianchi dopo la fuga a Varennes, ma sempre estremamente ritta e dignitosa.

Marie-Antoinette, métamorphoses d'une image

I documenti ufficiali del processo - gli atti d’accusa e di difesa -, la chiave e la serratura della sua cella, la camicia macchiata dal sangue delle ripetute emorragie; la scarpina che pare abbia perso salendo gli scalini del patibolo; l’ultima
 lettera scritta alla cognata M.me Elizabeth
ed invece consegnata a Robespierre… tutto ciò rimane a ricordare una donna che ci si stava sforzando di annientare e cancellare completamente.

Marie-Antoinette, métamorphoses d'une image

Infatti, come ben sappiamo, gli atti del processo delineano la figura odiosa ed odiata di una ex regina e di tutto ciò che l’Ancien Regime rappresentava, infangata dalle accuse nonché dall’orribile calunnia di aver molestato il figlio. Di lei si voleva distruggere tutto: onore, dignità, fama, memoria. Eppure, quando il Terrore terminò e la parentesi napoleonica si esaurì, fu proprio da qui che Luigi XVIII, il Re della restaurazione, ricomincia per riabilitare il nome di Maria Antonietta. Proprio i ritratti di Alexandre Kucharski forniscono un appiglio per innalzare Maria Antonietta, addirittura, allo stato di martire: nei dipinti la regina, provata dai dolori ed invecchiata, è però ritta e dignitosa, abbigliata in modo semplice, ammantata dalla tragedia, ma pur sempre orgogliosa. Luigi XVIII ne fa recuperare le spoglie insieme con quelle del marito dalle fossi comuni del cimitero della Madeleine (dove dispone di erigere una Chapelle expiatoire in loro onore) e ordina di traslarle nella basilica di St. Denis, la cui visita, purtroppo, oggi è a pagamento. Persino la cella della Conciergerie in cui Maria Antonietta attese il processo ed il responso capitale che ne derivò viene trasformata in un luogo di culto facendovi erigere una cappella e conservando in una specie di “reliquiario” oggetti non sempre realmente appartenuti alla sovrana durante la prigionia. Con il biglietto della mostra è anche possibile noleggiare un ipad per poter vedere “con gli occhi di Maria Antonietta” l’aspetto della prigione dell’epoca.
Insomma, con Luigi XVIII si comincia a recuperare un’immagine positiva della regina, non più Autri-chienne - cagna austriaca- ma vittima e martire del periodo più buio della storia francese. La figura della regina si fa molto più complessa e sfaccettata, non più lineare, tanto da attrarre l’attenzione di storici, scrittori e nostalgici. Un angolo della mostra è dedicato alla miriadi di biografie della donna e sovrana, a cominciare da quella, famosissima, di Stefan Sweig ("Maria Antonietta - Una vita involontariamente eroica"), che ne ricostruisce la vita in modo oggettivo e meticoloso tramite i documenti storici, fino all’interpretazione più moderna da “adolescente ribelle” - poi ripresa da Sofia Coppola nel film del 2006- ad opera di Antonia Fraser.
L’iconografia “ufficiale” di Maria Antonietta la ritraeva in grande abito di rappresentanza o come “amorevole madre di famiglia”, incorrendo comunque nello scandalo, come quando il ritratto della sovrana in abito di mussolina bianca e cappello di paglia fu esposto al salone del 1783 provocando talmente tanto scalpore da costringere Elisabeth Vigée Lebrun a sostituirlo col famoso “Maria Antonietta con la rosa”. Al contrario, i libelli satirici ne facevano un’ AUSTRI-OCA, il cui stomaco era in grado di digerire facilmente oro e denaro ma la costituzione no, le era indigesta o una viziosa dal “furore uterino” persino in atti sessuali con M.me de Polignac.

Marie-Antoinette, métamorphoses d'une image

Ed invece l’iconografia dell’Ottocento post restaurazione ne riprende l’immagine storica, bene o male sempre quella del patibolo, come l’enorme quadro di François Flameng (1885) o la statua di Lord Ronald Gower o la rappresentazione di Jean Louis David che traccia lo schizzo di Maria Antonietta sul carretto verso la ghigliottina dalla finestra di casa sua (opera di Jean Emmanuel Van Den Büssche).

Marie-Antoinette, métamorphoses d'une image Marie-Antoinette, métamorphoses d'une image

Il culto “visuale” di Maria Antonietta comincia però già nell’Ottocento a farsi strada come modello iconografico di stile e moda tanto che la stessa imperatrice Eugenia, sposa di Napoleone, ama farsi ritrarre con pose, abiti ed atmosfere che richiamano lo stile “Marie Antoinette”.
A lei ed alla sua immagine si ispirano inoltre vasi, porcellane ed arredi.
Maria Antonietta è presente anche nel cinema, con una figura pseudo-storica un po’ compassata.

Marie-Antoinette, métamorphoses d'une image

Poi, per un po’ di tempo, scompare, viene, per così dire, dimenticata, per riapparire in tempi recenti, soprattutto - dice la mostra- negli ultimi dieci anni. E questo perché, sempre secondo i critici che hanno curato l’esposizione, Maria Antonietta è divenuta sempre più simbolo di ribellione giovanile e femminile. Come tutte le ragazze adolescenti di ogni epoca, Maria Antonietta, dopo essere stata costretta a sposare un goffo ragazzo mai visto prima per la pace tra i propri Paesi, non ci sta a rinunciare alla sua vita perdendosi tra la rigida etichetta di corte e rapporti di convenienza. Diventa dunque emblema di libertà espressa tramite le sue stravaganze, la moda, l’inquietudine, la ricerca della conferma del suo io, della sua stessa esistenza tramite quelle amicizie strette - fin troppo intime- che sono il riflesso e lo specchio di ciascuno di noi; quelle “amicizie del cuore” che solo la giovane età può regalare e che durano tutta una vita. Questa interpretazione che in epoca recente ha visto il fiorire dell’icona Maria Antonietta nella biografia della Fraser e nella versione cinematografica della Coppola interpretata da Kirsten Dunst (che nella mostra ha spazio con alcuni dei bellissimi costumi di scena di Milena Canonero, premio Oscar, e degli accuratissimi schizzi di scena) è stata cominciata, a mio parere, da Riyoko Ikeda, a cui la mostra dedica un angolo con alcune tavole su Maria Antonietta tratte dal suo a noi carissimo “Versailles No Bara”.

Marie-Antoinette, métamorphoses d'une image

Vi è anche qualche traccia del film “Lady Oscar” di Jacques Demy in un video trasmesso a “loop” ed in qualche tavola di sceneggiatura
Nel cinema si fa sempre più attenzione a raffigurare una sovrana-ragazza prima e donna poi - divisa e lacerata tra i suoi doveri e dolori, felicità, affetti e sentimenti non solo nel già citato acclamatissimo film della Coppola ma anche nel recente “Les Adieux à la Reine” (2012) di Benoît Jacquot con Diane Kruger nel ruolo di Maria Antonietta. Si assiste sempre più ad un vero e proprio boom dell’immagine di Maria Antonietta come icona di moda e ribellione alla quale si ispirano stilisti per le loro “limited-edition” collection più prestigiose Christian Loubutin collezione “Maria Antonietta” autunno-inverno 2008-2009 e i personaggi dello spettacolo più disparati da Madonna a Rihanna alle quali le riviste più patinate dedicano copertine su copertine.
A Maria Antonietta ci si ispira anche e soprattutto in modi e con scopi provocatori, riferendosi ai suoi eccessi nelle parrucche ad esempio, ricreandole in carta (Asia Kozina 2017) o ammantandole di significati quasi tribali (Kimiko Yoshida, 2010) oppure facendo esplicito riferimento alla sua decapitazione (Erwin Olaf, Royal Blood Marie Antoinette”, 2000).

 Marie-Antoinette, métamorphoses d'une image


Maria Antonietta è dappertutto: nelle bambole, dalla rarissima Barbie ormai costosissima,
a pupazzi di pezza dalla testa staccabile; nelle pubblicità (Mikado, Pizza Hut, Sky, McDonald’s… mai avrei immaginato una tale ricchezza di richiami in pubblicità e spot televisivi che non ricordo di aver mai visto!!) fino a Maria Antonietta - Miss Piggy del Muppets Show in una parodia sulle note di Stayin’ Alive dei Bee Gees!
In seguito alla mostra ho fatto delle ricerche e mi sono resa conto di quanto sia vasto il mondo della pubblicità che coinvolge la figura di Maria Antonietta, tanto che l’esposizione stessa risulta molto parziale. Segnalo, tra i tantissimi riferimenti più recenti, la pubblicità di Katy Perry per lanciare il suo profumo “Killer Queen” e la pubblicità della Swatch che appena nell’anno conclusosi ha scatenato scalpore ed è stata sottoposta a “censura” proprio sulla Place de la Concorde parigina in cui la regina “perse la test"

 Marie-Antoinette, métamorphoses d'une image

Ed ancora… il famoso ritratto “Maria Antonietta con la rosa” diventa caricatura con Botero (2005) e Benjamin Lacombe (2014), nonché sperimentazione tra pittura e fotografia con Marie Antoinette, l’Hameau de la Reine (2014) di Pierre et Gilles.

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Mentre mi avvio verso la conclusione della mostra ed inizio a nutrire qualche dubbio nel passare indenne attraverso la boutique verso l’uscita, mi rendo conto che, tra questa miriade di stimoli visivi, Maria Antonietta è più presente che mai. Maria Antonietta è dappertutto nel nostro immaginario, nel nostro sapere. Coloro che, odiando profondamente l’“Austriaca”, mandandola al patibolo volevano sradicare ogni più piccola traccia di Ancien Regime, l’hanno invece consegnata alla Storia e proiettata nell’eternità. Prima ancora di Sissi o di Diana d’Inghilterra, Maria Antonietta è stata la “ribelle” sovrana “triste” dal destino tragico che ancora ci racconta le sue vicende, tra mito e leggenda, tra realtà di personaggio storico ed immaginazione di donna “comune” eppure “fuori dal comune”, per la quale non si può che provare ammirazione e compassione, tenerezza ed immedesimazione. Mi sembra che questo sia il vero messaggio e lo scopo della mostra. Tra tutte le metamorfosi e le immagini dell’adolescente, della donna, madre, regina, amante, dissipatrice, vittima, martire… a chi sentiamo di assomigliare di più?!?
P.S. Vi starete chiedendo se sono riuscita a passare indenne attraverso la boutique ma sono certa che già conosciate la risposta! Tra l’altro ho concluso la giornata con una fetta di torta ed una tazza di tè di Maria Antonietta da Nina’s, fornitore ufficiale di tè a Palazzo reale nel XVIII secolo, dove, tra busti di Maria Antonietta, riproduzioni di quadri, scatole e scatoline rosa e bianche ho detto definitivamente addio alla mia tredicesima. Un locale, manco a dirlo, che il destino ha fatto gestire da una giapponese!! Ma questo, se vi va, sarà un’altra storia!


Marie-Antoinette, métamorphoses d'une image


Sito ufficiale della mostra: http://www.paris-conciergerie.fr/Actualites/Marie-Antoinette-metamorphoses-d-une-image

 

 
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